Carrino: Space Economy, al Sud tecnologie e professionalità per volare (Il Mattino 29.12.23)

Carrino: Space Economy, al Sud tecnologie e professionalità per volare (Il Mattino 29.12.23)

di Luigi Carrino*

L’Economia dello Spazio (Space Economy) sta registrando un’attenzione crescente da parte degli investitori internazionali, con previsioni di crescita ben oltre qualsiasi altro settore dell’economia. Per questo motivo sono presenti sulla stampa numerosi articoli con i quali si tenta di spiegare cos’è e cosa dovremmo aspettarci da questa nuova economia. Quanto si legge è rivolto prevalentemente ad analisi su scenari internazionali, ma quasi mai viene affrontato il tema del ruolo dell’Italia nello scenario globale, le opportunità e i rischi dell’Economia Italiana dello Spazio, con un riferimento particolare al contributo che può fornire il Mezzogiorno. Quasi sempre si trascura la realtà, tutta italiana, di una forte parcellizzazione delle imprese dello Spazio in termini dimensionali e l’eccessiva verticalizzazione delle specializzazioni. Altrettanto trascurato è il consistente patrimonio di conoscenza scientifica e di talenti presenti nelle Università e nei Centri di Ricerca del Mezzogiorno, capaci di proposte di grande valore sia per l’accesso allo spazio sia per i servizi innovativi basati sui dati satellitari.

Si rende necessario, dunque, tentare di fornire un contributo all’ampliamento del dibattito sulla Space Economy verso le Pmi e verso Sud. L’Italia, secondo gli ultimi dati disponibili, occupa nella Space Economy un ottimo posizionamento a livello mondiale. Esaminando, ad esempio, i dati sul commercio mondiale relativi al periodo 2015-2019 (UNComtrade1), si vede che l’Italia occupa, con il 6,9%, un’ottima quarta posizione tra i paesi esportatori del settore. La classifica delle esportazioni nella Space economy vede prima dell’Italia, nell’ordine, Stati Uniti (26,6%), Francia (19%) e Germania (7,7%). La stessa Italia nel ranking internazionale per l’intera economia occupa, con il 3%, la nona posizione rendendo evidente la particolare eccellenza tecnologica e le capacità competitive delle imprese italiane dello Spazio.

Il nostro Paese occupa le primissime posizioni nelle classifiche internazionali relative alla produzione scientifica ad elevato impatto, ma si trova nelle ultime posizioni per la capacità di trasformare la conoscenza in innovazione. Questo problema non esiste nel settore spaziale dove, con il 4,1%, l’Italia si posiziona al quinto posto tra i principali paesi per numero di brevetti nel settore (dati OECD).

La notevole differenza tra Italia e altri Paesi occidentali è, invece, evidente quando si esamina la ripartizione dimensionale delle nostre imprese dello Spazio. Secondo un recente studio della Fondazione Intesa Sanpaolo, in Italia operano 286 imprese della filiera dell’Economia dello Spazio. Oltre la metà delle imprese censite ha dimensioni da microimpresa (fatturato inferiore ai 2 milioni di euro), mentre un quarto delle imprese ha piccole dimensioni (tra 2 e 10 milioni di euro). Le medie imprese, quelle con fatturato tra 10 e 50 milioni, sono il 12,8% del totale, mentre le GI rappresentano solo il 12% circa delle imprese analizzate. È dunque evidente la parcellizzazione dimensionale delle imprese, che in Italia caratterizza tutta l’industria manifatturiera. Nella Space Economy, come nelle altre filiere High Tech, pesa anche l’estrema verticalizzazione delle competenze di queste imprese: ognuna è eccellente nella progettazione e nella fabbricazione di componenti, anche complessi, ma l’integrazione è appannaggio di poche Grandi Imprese.

La riduzione dei costi di lancio nello Spazio, la possibilità di progettare e realizzare micro e nano-satelliti basati sulle competenze e sulla creatività tecnologica dei talenti meridionali consentono un notevole ampliamento delle applicazioni e la generazione di spazi di economia finora inesplorati, anche superando, almeno in parte, il ruolo dei grandi integratori.

Nel Mezzogiorno è presente in campo spaziale un notevolissimo patrimonio di capacità industriali, di competenze scientifiche e di talenti con enorme creatività tecnologica. Nel Mezzogiorno sono localizzati atenei riconosciuti a livello internazionale per l’eccellenza della formazione e della ricerca spaziale e non è un caso che al Sud, in Campania, lo Stato italiano abbia voluto localizzare il Centro Italiano Ricerche Aerospaziali (Cira).

L’enorme patrimonio di competenze e l’elevato livello di creatività tecnologica presente tra i giovani del Sud è un valore che all’estero hanno già compreso e utilizzato, come dimostra la localizzazione a Napoli di importanti Academy, a partire dall’Apple Developer Academy.

A partire da questi talenti, lo Spazio consentirà di generare nuove iniziative imprenditoriali al Sud, soprattutto se si saprà integrare digitale e compatibilità ambientale. Le GI nazionali sono invece concentrate in maniera pressoché totale nelle regioni del centro-nord (Piemonte e Lazio) e sembrano ignorare questo potenziale. La sensazione è che le Grandi imprese della Space Economy considerino il Sud più un enorme bacino di utenza finale, un appetibile cliente, un luogo di alta formazione dal quale attingere talenti, piuttosto che un territorio ricco di opportunità di ricerca e di innovazione. Viceversa, esse dovrebbero valorizzare quest’enorme potenziale con una presenza stabile e significativa nel Mezzogiorno, per rafforzare e ampliare gli ecosistemi industriali aerospaziali realizzati negli anni nelle regioni Campania e Puglia, con i Distretti ad Alta Tecnologia DAC e DAT, e in Basilicata dove opera TerN, un eccellente distretto tecnologico sull’osservazione della Terra.

A favore dei giovani innovatori spaziali del Sud bisogna attivare, quindi, politiche di sostegno e valorizzazione, mobilitare ingenti capitali pubblici, privati o misti e creare nei territori ecosistemi dell’innovazione spaziale resi forti dalla costante connessione con le università e i centri di ricerca. Bisognerebbe cercare anche nuove soluzioni finanziarie e creare fondi pubblici o pubblico-privati di garanzia che siano competenti nelle valutazioni e coraggiosi nel rischio. Primo Space, primo fondo di venture capital tecnologico specializzato negli investimenti in campo spaziale creato dal Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) e CDP Venture Capital SGR e sviluppato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana è un ottimo esempio in questa direzione.

Un ulteriore esempio positivo è l’azione costante a sostegno delle Start-up del settore svolta da Intesa Sanpaolo, che ha un presidio fisso di ascolto e guida per i giovani aspiranti imprenditori presso il Polo di San Giovanni a Teduccio della Federico II. Lo stesso gruppo bancario ha recentemente aperto a Napoli l’innovativo “Talent Garden”, destinato a diventare uno dei più importanti incubatori di imprese tecnologiche giovanili del Paese. La collaborazione efficace tra Intesa Sanpaolo e Distretto aerospaziale della Campania è un ottimo esempio di come i Distretti Tecnologici Aerospaziali del Sud possano operare quali sensori delle nuove idee e integratori di competenze realizzando la necessaria connessione tra Pmi, Start-Up dello Spazio e finanziatori.

* Presidente Distretto Tecnologico aerospaziale della Campania

(da Il Mattino del 29 dicembre 2023)